Stevie Ray Vaughan, parabola blues: quando il destino chiama

Scritto da il Marzo 16, 2023

Ci sono due Stratocaster che bruciano, che piangono.

In realtà ce n’è una soltanto, sono due momenti diversi, due facce della stessa Fender e dello stesso uomo. Stevie Ray Vaughan.

La chitarra brucia, piange. Il pubblico si lascia trasportare, si lascia investire da un orgasmo di note, una cascata di ferocia e bellezza, distorta come solo il suono di una Strato e di un pedale Wah-wah possono mettere al mondo.

Poi c’è il rovescio, la Fender che brucia sul serio tra i rottami caldi di un elicottero; il top di quella chitarra, adesso, sembra davvero legna riarsa mentre finisce un barbecue.

O almeno è così che la immagina chi resta e piange: il fratello di Steve, Jimmie, l’ex moglie Lenora, Clapton e la sua incredulità.

Piange il mondo intero, perché il destino ha voluto ribadire che resta lui il più forte, a dispetto del talento e dell’Olimpo cui Stevie Ray Vaughan era indirizzato.

Ma questo è l’epilogo. Andiamo con ordine, partiamo dal principio.

Le origini

Stevie Ray Vaughan durante un assolo

Stevie Ray Vaughan durante un assolo

Siamo ad Austin, Texas. Non è il luogo d’origine, che resta Dallas: lì Stephen è nato il 3 ottobre del 1954.

Ma è ad Austin che è legata la sua prima parte di esistenza, soprattutto perché è qui che a 7 anni prende tra le mani la prima chitarra della sua vita.

La suona il fratello maggiore, Jimmie, futuro chitarrista dei Fabulous Thunderbirds.

Il piccolo Stephen, già Stevie per i suoi, vuole imitare Jimmie, è naturale. Quello strano pezzo di legno con 6 corde è più grande di lui, ma capisce già che può contenere tutto il sapere, tutta la magia dell’universo conosciuto.

La quota di sconosciuto e irraggiungibile, Stevie non lo può sapere, toccherà a lui. Perché uno che è autodidatta, non sa leggere uno spartito ma compone e canta da dio, per forza calpesterà il red carpet della grandezza.

Il destino non è ancora geloso di lui, anzi, lo agevola: fa parte di 4 band dal 1971 al 1977, suona blues e Rock n’ roll, da quelle esperienze escono una demo e un paio di album, uno ricercatissimo dai collezionisti e l’altro che resta inedito.

Nonostante questo basso profilo, si direbbe, Stevie è corteggiato dalle radio. Perché con la chitarra è un fenomeno, lo capisci appena le sue dita iniziano a parlare una lingua sconosciuta con le corde.

Si sposa con la sua Lenora detta Lenny nel 1979. La vita gli sorride, insomma.

Da Montreaux all’Olimpo

Stevie Ray in un momento di relax

Stevie Ray in un momento di relax

È così bravo che di lui si accorge Mick Jagger, che lo segnala al produttore Jerry Wixler, che lo porta al Montreaux Jazz Festival con i suoi Double Trouble.

Un successo? Un plebiscito per il suo talento? Diremmo di no, anzi, per Stevie e la band partono fischi dalla platea.

Se si fosse chiamato Montreaux Blues Festival, chissà, magari sarebbe stato diverso. E un giorno accadrà che la Svizzera finirà per capitolare ai suoi stivali, ma è presto.

Però il destino è sempre amico di Stevie: tra il pubblico mortale ci sono David Bowie e Jackson Browne, che apprezzano e parecchio.

Il primo ingaggerà Vaughan per il disco Let’s Dance, in cui suonerà la sua Stratocaster in 6 brani su 8.

Il secondo gli metterà invece a disposizione il proprio studio di registrazione di Los Angeles, gratis, nel quale Stevie e il suo gruppo registreranno in soli due giorni il disco di debutto, Texas Flood.

Tutto in presa diretta e senza ritocchi, cotto e suonato alla grande. Pride and Joy traina l’album e accresce la popolarità di SRV: entra nella top 20 Usa e i concerti arrivano a cascata.

Il secondo album, Couldn’t stand the weather, conferma che la strada è ormai tracciata. La presenza della cover di Voodoo child fa capire al mondo che accostare il bluesman arrivato dal Texas e Jimi Hendrix non è un azzardo.

Le dipendenze

Srv sorridente in una pausa

Srv sorridente in una pausa

Dopo il 1985, l’album Soul to Soul e il ritorno a Montreaux – questa volta da divinità – piovono un Grammy Award e un endorsement dopo l’altro.

Ma quando piove il successo, l’asfalto si fa scivoloso, perdere stabilità è un attimo.

Stevie scivola su alcol e droga: nel 1986 collassa in Germania, arrivano 2 mesi di stop forzato e il percorso di riabilitazione in una clinica della Georgia.

La strada non è semplice, anche per il divorzio del 1987 da Lenora.

Le luci non sono ancora pronte per essere spente, il destino resta a fianco del talento infinito di Stevie.

Una nuova compagna di vita e nuovi progetti allontanano il buio: torna il sole nella vita del bluesman e quel sole arriva quattro volte anche qui in Italia.

Pistoia, Lignano Sabbiadoro, Milano e Salerno non dimenticheranno mai il suo passaggio. Arriva anche un altro Grammy, nel 1989 per il disco In Step, album che guarda verso il rock melodico, come può fare lo sguardo di un uomo più maturo e vissuto, che sorride da lontano ai 40 anni.

Stevie non può sapere che non taglierà mai quel traguardo.

Il capolinea

Stevie Ray Vaughan in un momento intenso

Stevie Ray Vaughan in un momento intenso

27 agosto 1990. Capolinea.

Esterno notte: c’è il Wisconsin, c’è una collina, ci sono la nebbia e un pilota, Jeff Brown, che non ha confidenza né con gli elicotteri, né con gli elicotteri in mezzo alla nebbia.

C’è Stevie Ray Vaughan a bordo di quell’elicottero, è con alcuni membri dello Staff di Eric Clapton, un paio di tecnici e una guardia del corpo.

Nessuno dei cinque si salverà, quella notte.

Nelle ore precedenti c’è stato un concerto epico all’Alpine Valley Music Theather, uno spazio bellissimo all’aperto nei pressi di Alpine Valley Resort.

SRV, Clapton, Buddy Guy, Robert Cray e il fratello di Stevie, Jimmie, hanno chiuso la serata con una Sweet home Chicago di quasi 20 minuti. L’apoteosi.

Il muso di quell’elicottero punta proprio Chicago, dove Stevie ha una dolce stanza d’albergo ad attenderlo. È stanco, vuole partire subito.

Insiste per occupare quel solo sedile rimasto libero, di fatto rubandolo a Clapton.

Di fatto, salvandogli la vita.

Quante altre volte abbiamo sentito questa storia, giusto? Il dio del destino che a un certo punto volta le spalle ai semidei mortali della musica, stanco forse di vederli prendersi il proscenio.

Ritchie Valens, Buddy Holly, Cliff Burton e, ora, anche Stevie Ray Vaughan.


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