I trent’anni dei Negrita: un unplugged e gioia infinita

Scritto da il Gennaio 31, 2022

Non lo hanno fatto per celebrare un percorso, o forse sì: l’MTV Unplugged registrato dai Negrita la scorsa estate ad Arezzo, è la somma di tutti i momenti della band.

Dal sogno di poter vivere sulla propria pelle e dentro le ossa l’epica del rock, passando per la stagione d’oro dei concerti acustici trasmessi in tv, fino ad arrivare alla maturità artistica e umana.

ATTITUDINE AL VIAGGIO, ATTITUDINE ROCK

La ricerca d’equilibrio è una delle lezioni più belle e difficili da imparare, e ci prende dentro tutti quanti. Chi prima, chi dopo, si sperimenta la rincorsa, l’affanno, la fatica di stare al passo, la caduta e la redenzione.

E poi di nuovo da capo, perché il gusto è proprio là in mezzo. Un circolo vizioso e virtuoso; o per dirla con un verso dei Negrita: “Generazioni in ciclo con le loro convinzioni/che mescolano i sogni a una manciata di canzoni.”

Paolo “Pau” Bruni, Enrico “Drigo” Salvi e Cesare “Mac” Petricich hanno sublimato questo viaggio della vita all’interno di un altro viaggio, quello nella musica rock.

Insieme dal 1992 (unici ‘superstiti’ della primissima formazione e tutt’oggi pilastri della band aretina), quindi da trent’anni tondi.

Insieme nelle cadute e nel rimettersi in piedi. Uniti, in viaggio dentro al viaggio, perché esistenza e professione s’intrecciano e qualche volta è difficile distinguere dove inizia uno e finisce l’altra.

E perché il rock, come attitudine, è fatto così: confini sfumati, pegni da pagare, riscatti sociali ed emotivi.

Una chitarra acustica, protagonista dell'estate 2021 dei Negrita

Una chitarra acustica, protagonista dell’estate 2021 dei Negrita

DALLA PROVINCIA AGLI STADI

I Negrita incarnano tutto questo e anche il concetto di provincia: la genesi del gruppo (che all’inizio ha il poco accattivante nome di Inu-dibili) è un borgo di 5000 anime in provincia di Arezzo.

Mentalità difficile da decifrare, ma la provincia ha un minimo comune denominatore a qualsiasi latitudine: o t’ingabbia in una certa chiusura mentale, oppure diventa trampolino di lancio per l’affermazione di sé.

Per i Negrita vale la seconda risposta: partono, con le prime demo impressionano Fabrizio Barbacci (produttore di talento) e sconvolgono con l’omonimo album d’esordio e il singolo Cambio.

A proposito: anche il nome della band cambia ed è un omaggio alla leggendaria Hey Negrita dei tanto amati Rolling Stones.

A proposito bis: nel 1994 grazie a Barbacci il gruppo incide con Luciano Ligabue il brano L’han detto anche gli Stones, inserito nel mini Ep del rocker di Correggio A che ora è la fine del mondo?

Pau & C. decollano per davvero e nel 1997, con l’album XXX, raggiungono gli stadi proprio come spalla del Liga.

UNPLUGGED TRA AMICI

Il resto è storia: dalle collaborazioni con Aldo, Giovanni e Giacomo fino ad arrivare all’ultima tappa del 31 luglio scorso, giorno in cui si corona finalmente il sogno di registrare un Unplugged – “giocando” praticamente in casa, per giunta.

È la sera dei miracoli, come cantava Lucio Dalla, la sera in cui tutto è perfetto, compresi gli ospiti: Pau sconfina nel territorio dei Litfiba quando interpreta insieme con l’amico Piero Pelù El diablo, poi è il turno di replicare in Non è per sempre degli Afterhours accanto a Manuel Agnelli.

Forse è davvero una celebrazione, non un bilancio; è un tempo parziale in una bellissima corsa a ostacoli.

Come accennato all’inizio e approfondito nell’ultima puntata di Razione K, è una corsa fatta di viaggi emotivi e fisici, tra battaglie contro malattie di persone care, depressioni e specchi che non ti rappresentano più, amici persi per strada.

Sempre con l’idea di fare qualsiasi cosa, di tendere i nervi oltre il possibile, pur di resistere e continuare a suonare insieme.

Perché la vera attitudine dei Negrita la scopri ai loro concerti (il sottoscritto ha avuto il piacere di capirlo durante l’ultimo tour della band nella tappa di Milano al Forum di Assago, ndr).

Perché loro stessi si sono scoperti e accettati per quel che sono proprio lì, sopra un palco.

Che siano stadi, club, centri sociali, teatri o palazzetti poco importa: il focus è avere qualcosa da dire e uno strumento per farlo.

Unplugged stage

Unplugged stage

PONZIO ‘PAU’ PILATO

Che lo strumento sia stato, casomai, anche il palco di un teatro romano a metà degli anni ’10 del nuovo millennio, e che su quel palco si sia replicato quaranta volte Jesus Christ Superstar, è la ciliegina sulla torta delle diverse esperienze comunicative dei Negrita.

Come raccontato da Pau in alcune interviste, una in particolare in radio, impersonare Ponzio Pilato è stato forse il frammento artistico più emozionante.

Ogni sera per quaranta sere, al Sistina di Roma, mentre il resto del gruppo aretino entrava nella storia del musical come prima rock band italiana a suonare dal vivo l’opera di Andrew Lloyd Webber, Pau recitava nei panni del prefetto che in sostanza manda a morte Gesù. E per di più in inglese.

Tanto per consegnare ai posteri un ricordo oltremodo scintillante, per l’occasione il figlio di Dio è quello “originale”, il Ted Neely del film.

Un’esperienza elettrizzante e pazzesca, in pieno stile rock.

Un rischio (in)calcolato, in pieno stile Negrita: la gioia, per diventare infinita, ha bisogno di qualche incursione verso l’improbabile.

E mani salde sul volante, ché l’autostrada dell’esistenza è sempre in fiamme. Con qualche curva di miele.

 

 

 

 


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