Canzoni contro la guerra: le più trasmesse dalle radio

Scritto da il Febbraio 24, 2023

Sono giorni difficili.

Sono ore nelle quali tutti noi, disorientati dall’orrore di una guerra scoppiata nel cuore dell’Europa, tentiamo di trovare spiegazioni a scenari possibili. Tra l’impotenza e l’angoscia, però, non smettiamo di cercare e dare conforto o speranza, oppure semplici punti di vista anche tra le pieghe delle canzoni.

Certi brani sono stati appositamente scritti contro la guerra, alcuni sono stati introdotti di nuovo nella rotazione delle radio, come a voler dare un segnale in più: le persone comuni non vogliono mai prendere in mano un’arma per offendere.

E quando sono costrette a impugnarla per difesa, lo fanno con animo pesante e occhi gonfi.

I grandi artisti nazionali e internazionali hanno saputo tradurre un sentimento popolare in versi universali e senza tempo.

Da Bob Dylan a Fabrizio De André, passando per John Lennon e il trio Liga-Jova-Pelù: poeti e cantanti agli antipodi che condividono lo sguardo sull’umano sbigottimento tradotto in musica.

Che, purtroppo, mai passerà di moda.

Ecco le canzoni, a nostro avviso, più significative.

un'immagine che vale più di mille parole

Un’immagine che vale più di mille parole

GIVE PEACE A CHANCE (JOHN LENNON & PLASTIC ONO BAND – 1969)

Probabilmente l’inno pacifista più famoso e trasmesso di sempre.

La sintesi del messaggio è nei primi versi: mentre il mondo è impegnato ad additare qualche ‘ismo’ imperante (bagism, ragism, tagism, per usare le esatte parole di Lennon), noi promuoviamo l’idea più semplice e, in fondo, praticabile, cioè dare una possibilità alla pace.

Il brano fu scritto dall’ex Beatle e da Joko Ono durante il Bed-in, la celebre luna di miele della coppia, evento aperto alla stampa.

Quando un giornalista chiese a Lennon che cosa sperasse di ottenere restando fermo in un letto, questi rispose genuinamente: «All we are saying is: give peace a chance» (tutto ciò che stiamo dicendo è: date una speranza alla pace).

BLOWIN’ IN THE WIND/MASTERS OF WAR (BOB DYLAN – 1962/1963)

Il menestrello di Duluth, premio Nobel per la letteratura nel 2016, non ha bisogno di presentazioni.

Questi due brani di Bob Dylan sono molto diversi tra loro: il primo è una vera e propria poesia, delicata e intrisa di immagini legate agli oppressi.

Blowin’ in the wind è una domanda, in ultima istanza, in molti sensi una domanda retorica. C’è amarezza sul fondo del ritornello e l’attualità conferma quello stato d’animo, la mancanza di certezze, la mancanza di risposte; la stanchezza e la frustrazione di vedere lo stesso copione ripetersi ancora e ancora.

Masters of war è invece la riscrittura totale di un pezzo folk (Nottamun Town), nel quale Dylan si rivolge senza mezzi termini ai signori della guerra augurando loro la peggior fine possibile.

Non una canzone pacifista, ma  il concetto di occhio per occhio applicato alla musica. Come a voler sottolineare che l’essere umano è volubile, fallibile.

I proverbiali mille papaveri rossi

I proverbiali mille papaveri rossi

LA GUERRA DI PIERO (FABRIZIO DE ANDRÉ – 1966)

Dentro i confini di casa nostra questo è senza dubbio il principale testo antimilitarista, entrato di diritto anche nei libri di scuola.

La poetica di De André prende in esame il punto di vista di un soldato, Piero, ne analizza i sentimenti e lo sfortunato – ma prevedibile – destino.

Il tema e le parole che il cantautore di Genova usò al tempo restano universali e sono, sfortunatamente, sempre attuali. Come non pensare alla storia di quei soldati, russi e ucraini – ma non solo – , di tutti quei giovani ragazzi come il Piero del brano che hanno compreso molto in fretta cosa sia davvero la guerra.

Perché un conto è la teoria, la retorica di un film, la ridondanza inutile di un’esercitazione. Un altro e avere il tempo di vedere gli occhi di un uomo che muore.

IL MIO NOME È MAI PIÙ (JOVANOTTI/LIGABUE/PELÙ – 1999)

Sul tramonto dello scorso millennio l’Europa guardava con apprensione al destino dell’ex Jugoslavia, dilaniata dal conflitto civile, e l’Italia in particolar modo all’intervento della NATO in Kosovo.

Luciano Ligabue, Jovanotti e Piero Pelù scrissero a tempo di record questo brano con l’obiettivo di destinare in beneficienza il ricavato a Emergency, l’organizzazione medico-umanitaria nata dal lavoro e dalle idee di Gino Strada.

Sul retro del singolo, il cui video è stato girato in parte anche a Milano, è pubblicata questa frase: «A pochi mesi dal ‘giro’ di millennio, la nostra cosiddetta società ‘civile’ conta al proprio interno 51 guerre in corso. Allo stesso tempo essere contro la guerra (qualsiasi guerra) sembra voler dire assumere una posizione politica. Be’ vogliamo essere liberi di sentirci oltre qualsiasi posizione del genere affermando che, per noi, non ci sarà mai un motivo valido per nessuna guerra».

No, non c’è mai un motivo valido per iniziare una guerra.

Ne esistono tanti, al contrario, per farla finire. Oggi come un anno fa.


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